giovedì 9 febbraio 2012

Responsabilità civile e concorso del creditore

Riprendiamo dal sito Altalex:

Nella sentenza  21 novembre 2011, n. 24406, Cassazione civile, Sezioni Unite, la Suprema Corte affronta una importante questione giuridica, inerente all’intera area della responsabilità civile e relativa, nello specifico, all’art. 1227 c.c. “Concorso del fatto colposo del creditore[1], dettato in tema di responsabilità contrattuale[2] ma unanimemente riconosciuto applicabile anche nell’ambito della responsabilità aquiliana, per effetto del rinvio operato dall’art. 2056 c.c.
Il menzionato art. 1227 co. 1, in particolare, prevede che “Se il fatto colposo del creditore [o del danneggiato] ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate”.
Uno dei principali problemi applicativi, che la norma pone, riguarda l’ipotesi in cui la condotta del danneggiato – da vagliare sotto il profilo del potenziale concorso di colpa e della conseguente limitazione dell’obbligo risarcitorio – non sia attivo ma omissivo.
Viene in considerazione, quindi, il tema del concorso omissivo del danneggiato e, di conseguenza, della causalità omissiva. Tema lungamente dibattuto dalla giurisprudenza penale formatasi intorno alla materia dei reati omissivi impropri.
In ambito penale, la questione è stata risolta sulla base della teoria c.d. normativa, avallata dall’art. 40 c. 2 c.p., il quale letteralmente dispone che “non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”: per affermare la responsabilità penale, in altri termini, non è sufficiente richiamarsi al principio del neminem laedere o ad una generica antidoverosità sociale dell'inerzia, ma occorre che sussista, e sia individuabile caso per caso, un vero e proprio obbligo giuridico di impedire l'evento che può derivare da una norma giuridica o, quantomeno, da uno specifico rapporto negoziale (c.d. obblighi di protezione).
Trasponendo una simile impostazione all’ambito civilistico, con specifico riferimento al creditore/danneggiato che – con il proprio contegno inerte – abbia in tesi concorso a causare il danno di cui pretendere di essere risarcito, derivera che il meccanismo delineato dall’art. 1227 c.c. sarebbe destinato ad operare limitatamente all’ipotesi in cui sia individuabile una norma giuridica (ovvero una previsione contrattuale) che ponga a carico del danneggiato uno specifico obbligo giuridico di agire e, dunque, di attivarsi per evitare l’evento.
Perché sia configurabile il concorso del fatto colposo del danneggiato, in definitiva, sarebbe necessaria la c.d. colpa specifica.
Un siffatto orientamento, avallato da diverse pronunce giurisprudenziali e – da ultimo – dalla terza sezione della Corte di Cassazione[3], viene respinto dalle Sezioni Unite che, al contrario, affermano che un comportamento omissivo caratterizzato dalla colpa generica sia sufficiente a fondare il concorso di colpa del creditore/danneggiato.
Secondo Cassazione civile, Sezioni Unite, 21 novembre 2011, n. 24406, in particolare, “stante la genericità dell'art. 1227,c. I, c.c. sul punto, la colpa sussiste non solo in ipotesi di violazione da parte del creditore-danneggiato di un obbligo giuridico, ma anche nella violazione della norma comportamentale di diligenza, sotto il profilo della colpa generica”.
Rispetto agli indirizzi più restrittivi precedentemente espressi dalla giurisprudenza, Il principio di diritto declamato dai Giudici di Piazza Cavour si colloca nel solco di una maggiore responsabilizzazione del soggetto danneggiato, nella prospettiva di una più completa affermazione del corollario, desumibile dall’art. 1227 c.c., per cui al danneggiante non può far carico quella parte di danno che non è a lui causalmente imputabile.
(Altalex, 19 dicembre 2011. Nota di Raffaele Plenteda


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